Non tutta la gerarchia tace! Ascoltiamo Mons. Plotti

 IL PAESE CHIAMATO A INTERROGARSI SUL GRADO DI MORALITÀ PUBBLICA

L’ITALIA DELLE “VELINE”
E DELLE TANTE IPOCRISIE

Ragazze in fila per i provini come veline. Dice monsignor Plotti, ex arcivescovo di Pisa, alla Stampa: «Chi ha un ruolo istituzionale non può ignorare come il suo comportamento abbia un valore esemplare sull’opinione pubblica».

C’è una fatica che non si vuole più fare. E c’è un’emergenza che sta disorientando il Paese. Si chiama educazione, ma oggi è uno slalom tra regole che impazziscono alla ricerca del figlio o della figlia perfetta, dove conta ciò che appare, il corpo esposto e una certa disinvoltura. La meta è raggiungere la notorietà e per essa non ci si nega niente e si accetta tutto, perfino la foto in pose forti o volgari, dipende dai punti di vista.

La cronaca, anche quella politica, in queste ultime settimane ne ha dato ampi saggi. Ed è sparita dall’orizzonte pure quella che si riteneva una zona franca, il luogo dei minori, tempo protetto una volta dai genitori e dagli adulti, al riparo dalle proiezioni del desiderio. Invece, assistiamo a un mutamento di comportamenti che in passato erano considerati trasgressivi. Il modello delle veline, che ha i suoi santuari non solo in molte trasmissioni televisive e che è stato sdoganato come normale opportunità, financo per arrivare alla politica, fa diventare adulte ragazzine che perdono l’età e che impostano la propria vita sull’emulazione e non più sulla fatica di apprendere, di studiare, di costruire responsabilità per sé e per gli altri. I meccanismi li hanno costruiti gli adulti, loro è la regia, loro sostengono un progetto che dovrebbe preoccupare.

Accade, invece, esattamente il contrario e gli adulti tendono ad autoassolversi. Nessuno vede le ipocrisie. Guai a parlare di scandalo. È normale che una madre accompagni la figlia alle selezioni di Amici o del Grande Fratello, sfogli il book con le sue fotografie, anche troppo disinvolte, e si compiaccia. Proietta nella figlia il suo sogno represso, non si ferma davanti a nulla.

La prima volgarità che va denunciata è quella degli adulti e non quella, supposta, delle ragazzine. Lo scandalo non è nella trasgressione cui rimandano le foto, ma nella loro, sempre supposta, normalità. Lo scandalo è in chi sostiene il sistema delle veline, meteorine e quant’altro, facendone un modello di vita e di successo, o strumento di consenso, liquidando con rabbia chi pone la questione.

Ci sono vittime in questo Paese di cui nessuno si occupa. Sono i figli diventati oggetto e giocattoli nelle mani degli adulti. A loro la televisione e una politica in cui conta solo come si appare propongono ogni giorno una vita truccata, nella quale sparisce ogni equilibrio tra regole e libertà, dove conta solo l’aspetto, meglio se sexy, e non l’impegno, lo studio e una seria preparazione.

È sulla crisi degli adulti che il Paese si dovrebbe interrogare, sul grado di moralità pubblica che tende a sparire, travolta dai meccanismi perversi della rappresentazione mediatica, dalla bulimia del successo, unica certificazione di qualità della vita reale. Il mercato dell’immagine impone le sue regole e le sue vocazioni, che spesso travolgono famiglie e mettono in crisi i genitori.

Ma non basta chiamare in causa le responsabilità dei media e la cultura delle emozioni che diffondono. Ci sono gesti quotidiani che si possono misurare soltanto alla luce dei loro risultati. Ci sono parole, apparentemente innocue, che rivelano la propria potenza devastante solo quando vengono tradotte in stili di vita. “Velina” è una di queste, insieme a tutto l’armamentario lessicale del gossip, che sta inquinando ogni cosa, compresa la politica.

Così facciamo diventare i nostri ragazzi e le nostre ragazze adulti precoci e già depressi, spargendo nel contempo sulla società una miscela tossica di immoralità e irresponsabilità

 

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