SULLA VITA DI S. CONO ABATE
Nascita
Canone Navacita nacque in Naso (Prov. Messina) l’anno 1139, dal Conte Anselmo e dalla nobildonna Claudia o Apollonia Santapau.
Primi anni
Fin dalla sua puerizia, manifestò una grandissima tendenza alla vita della preghiera e del raccoglimento.
Vocazione
A 15 anni, mentre ascoltava, un giorno, col massimo raccoglimento, come di consueto, la Santa Messa, si sentì come chiamato da Dio nell’udire le parole di nostro Signore Gesù Cristo, riportate in S. Matteo: «Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me». Profondamente commosso, stabilì di votarsi alla vita della perfezione, lungi dai rumori del mondo.
Nel Monastero di S. Basilio
Malgrado la viva opposizione dei genitori, che di lui volevano fare un grande del mondo, Conone abbandona la casa, le ricchezze, tutto, e va a rinchiudersi nel Convento di S. Basilio, sorgente su amena collina, in contrada omonima della stessa Naso.
Professione religiosa e ascensione al Sacerdozio
Nel Monastero raggiunse il grado massimo di perfezione. Avvicinandosi il tempo della solenne professione, fu trasferito al Convento di Fragalà, che sorge nelle vicinanze del piccolo comune di Frazzanò. Ivi trovò, come maestri di spirito, S. Silvestro da Troina e S. Lorenzo da Frazzanò.
Costoro, sempre più ammirati delle virtù eroiche, angeliche di Conone, lo propongono al Sacerdozio, privilegio questo assai raro in quei tempi, specialmente nei monasteri, dove si soleva concedere la sacra ordinazione a quei pochissimi aspiranti, che già fossero maturi negli anni e consumati nella virtù. Conone, per la grande sua umiltà, se ne reputa indegno e con modi affabili si ricusa. Obbligato, però, dai Superiori, accetta i sacri Ordini.
Nell’eremitaggio di Rocca d’Almo
Insignito del carattere sacerdotale, risplende di maggior luce per le eroiche sue virtù. Una squallida grotta, non molto lungi dal Cenobio di S. Basilio, nel territorio di Naso, in sito sparso di precipizi ed imboscato da alberi selvaggi, oggi inaccessibile, lo attira… Egli ottiene di ridursi lì.
Lassù, fra quelle balze, che da Lui tolsero il nome di Rocca d’Almo, cioè dell’ispiratore, del grande, si sente come rapito in estasi. Da questo punto, la sua vita assume sembianze meravigliose, nulla avendo più di terreno. Continua la sua penitenza, ma una penitenza più aspra, più rigorosa.
Ritorno al Monastero di S. Basilio e nomina di Abate
Il S. Eremita, con immenso schianto dell’anima sua, è costretto ad abbandonare la sua tanto diletta grotta, la vita di assoluta solitudine. Ritorna, richiamato dai Superiori, al Monastero, dove, malgrado le sue più vive riluttanze, viene dai frati ad unanimità -eletto Abate. Sotto il suo governo il Monastero acquista grande rinomanza e viene appellato: «la riunione degli spiriti eletti».
Pellegrinaggio in Terra Santa
Il S. Abate, sentendo sempre più viva nel cuor suo la devozione alla Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, sente potente il bisogno di visitare i Luoghi Santi. Un giorno, dopo aver effuso l’animo suo ardente di purissimo amore a pie’ del SS. Crocifisso e dopo essersi accomiatato con la più grande tenerezza dai già cadenti genitori, intraprese il lungo, disastroso viaggio per la Palestina.
Quali emozioni abbia egli provato a Gerusalemme non ci è dato descrivere. Una pia tradizione narra che, trovandosi in profonda meditazione, sul monte Calvario, venisse onorato -più volte -da tenerissime visioni di Gesù Crocifisso.
Riduce a penitenza un sacrilego ostinato peccatore
A Gerusalemme, riduce a penitenza un religioso ipocrita e simoniaco, mentre gli vede attorcigliata orribilmente la gola da spaventevole serpe e mentre ode risuonare intorno una voce misteriosa che forte ripete: Stringi, stringi! Soffoca, alfin, l’indegno!
Ritorno in patria e miracolo del paralitico
Dopo aver appagato la grande sua devozione, Conone prende la via del ritorno in patria. Passa per le Calabrie e qui opera diversi miracoli, tra cui è rimasto celebre quello del paralitico.
Nella città di Galatro, un giovane di ricchissima e nobilissima famiglia giaceva dalla nascita, immobile, in un letto di dolore. Aveva fatto ricorso a tutti i mezzi della scienza, ma invano…
Avvicinatosi Conone, dietro supplica degli afflitti genitori dell’infelice, lo invita – in nome di Dio – ad alzarsi… Prodigio! Balza -d’un tratto – all’impiedi il povero paralitico, guarito completamente .
Conone lascia la Calabria e passa per altri territori, edificando e beneficando intere popolazioni anche con prodigi straordinari. Giunge, alfine, a Naso, accolto come un padre tenerissimo. Per la morte dei genitori, avvenuta nella sua assenza, rimane erede di vistosissimi beni. Questi divide subito ai poveri.
Ritiro nella Grotta di S. Michele
Conone si ritira nella purtroppo orrida grotta di S. Michele, incavata nel sasso, nei pressi del Cenobio. Egli, con grandissima carità, si dà tutto a tutti, illuminandone le menti, consolandone i cuori, santificandone le anime e rendendosi più che mai, ammirabile per i portenti, che numerosi operava.
Libera Naso da tremendo morbo
In quel periodo, infieriva a Naso, un terribile contagio, che si attaccava alle orecchie con acerbi dolori, provocando la morte. Conone supplicava l’Altissimo e la patria sua diletta -d’un tratto veniva liberata dal morbo. A perpetuare il ricordo di sì grande prodigio, al leone, raffigurato in campo azzurro, che costituiva lo stemma di Naso, fu aggiunto un naso in mezzo a due orecchie.
Calunniato da impudica donzella, viene arrestato
Le eroiche, angeliche virtù di Conone vengono poste a dura prova. Il demonio ordisce nera calunnia per discreditare il Santo Penitente e per demolire, quindi, d’un tratto, tutte le opere grandiose di bene, compiute dallo stesso, alla maggior gloria di Dio e ad edificazione delle anime. Fu arrestato, legato come un malfattore e trascinato dinanzi al giudice.
Conone dinanzi al giudice
Il puro, innocente Conone risponde con eroica umiltà e soavissima dolcezza all’inviperito giudice, che a maggior vergogna e dileggio, lo condannò ad esser spogliato delle sue vesti e fustigato a sangue sulla pubblica piazza e cacciato, in fine, in oscura prigione.
L’ingiusta condanna viene cambiata in trionfo
Denudato Conone dai birri, appare a tutti nel corpo vera immagine del Crocifisso. Flagellato e pieno di lividure! Un cerchio di ferro, sparso di uncinetti, gli cinge i lombi, macerandogli sempre più la verginal carne, che, là, dove è piagata, s’è pur convertita in vermi… Una specie di corazza, anch’essa di ferro e tempestata di acuminate punte, gli circonda tutto il torace, provocandogli spasimi ineffabili ad ogni movimento.
A vista di sì aspra, rigorosa penitenza, esercitata su quel corpo smunto, emaciato al sommo, tutti restano meravigliati, confusi i presenti e cadono per profonda riverenza in ginocchio… O eroica penitenza! esclamano… Chi mai può accusare Conone di un simile peccato?.. Confuso il Governatore della Città, va anch’egli a prostrarsi ai piedi di Conone e gli chiede pubblicamente, con le lacrime agli occhi perdono…
Il Santo Abate viene acclamato e accompagnato in vero trionfo alla grotta di S. Michele da tutto il popolo.
Il Santo Abate con vera magnanimità benefica i suoi calunniatori
A punizione dell’infamia commessa, il demonio s’incorporava nella calunniatrice donzella, che veniva straziata nel modo più atroce e spaventevole. I genitori dell’infelice, confusi, fan ricorso a Conone, il quale, tutto pieno di pietà e di misericordia, s’appressa all’indemoniata, le pone le mani sul capo e la segna sulla fronte con la croce esclamando: Orsù, spirito immondo, in nome di Dio onnipotente, t’impongo d’abbandonar subito questa povera anima! Al suono di tali parole, urlò il demonio, si agitò spaventosamente e, non potendo più resistere, fuggì, lasciando del tutto libera la infelice donzella.
Guarigione del figlio del Governatore di Naso
Il Governatore di Naso, che aveva condannato Conone, riceveva anch’egli il castigo dal Cielo. L’unico figlio suo veniva, sulla sera del giorno stesso, nel quale s’era svolto il processo contro il Santo Abate, colpito da apoplessia. L’afflitto genitore, perduta ogni speranza, animato da viva fede, corre sollecito alla grotta di S. Michele ad implorare l’aiuto di Conone. Questi accorre alletto del paziente, stende la destra all’orecchio sinistro di lui, dal quale estrae un lungo e grosso verme di colar giallo… Un grido di meraviglia erompe dagli astanti… il figlio del Governatore… era già salvo!
Morte preziosa
Ricco delle più eroiche virtù ed estenuato dalle asprissime penitenze, Canone, raggiunta la età di novantasette anni, immerso sempre più nella fervorosa preghiera e nella profonda meditazione, avvisato dal Cielo, si preparava ad abbandonare questa terra per congiungersi in Paradiso a quel Dio che fedelmente aveva amato e servito.
Era il 28 marzo 1236 (Venerdì Santo), quando in sul vespro si udirono suonare le campane della città non tocche da alcuno.
A tale straordinario e prodigioso avvenimento accorrono i Nasitani alla Grotta di Conone per chiedergliene spiegazione, ed oh meraviglia ineffabile! Lo trovano in estasi, sollevato dal suolo, in atto supplice, genuflesso, cogli occhi rivolti al Cielo, circonfuso di luce purissima, emanante un odore soave, mentre dalle mani gli vedono pendere una lista luminosa, su cui splendevano le parole, che divennero, quindi, famosissime: Libera i devoti e la patria dalla peste, dalla fame dalla guerra e dalla tirannica dominazione. Morto già era il suo corpo…
…Uno di quei campanelli, che suonarono prodigiosamente da soli, esiste ancora sul Campanile della Madre Chiesa di Naso. Era stato fuso 36 anni prima. Porta esso a rilievo l’indicazione «MCC». Si tocca una volta l’anno, nella suddetta data per ricordare il grande prodigioso avvenimento.
In una tavoletta di marmo di contro allo stesso campanello leggevansi fino al 5 marzo 1823 i seguenti versi:
Haec angelica pulsata manu |
Questa toccata – Da mano angelica |
Sancti Canonis occasum flevit |
Di S. Conone – pianse il morir |
Victricis animae cecinit triunphum |
Cantò il trionfo – della grand’Anima |
Sola ex omnibus superstes -MCC. |
Di tanti bronzi – sola restò -1200. |
Fra i favori speciali, concessi dal S. Patrono dopo la gloriosa sua morte, alla patria diletta, viene concordemente annoverato dai nostri antichi cronisti, specialmente dal Gaetani e dal Muccione (contemporanei all’avvenimento) quello di aver donato alla stessa un mirabile, piccolissimo simulacro di Maria SS., lungo non più che un palmo, di materia ignota.
A Capo D’Orlando, un tempo frazione di Naso, oggi fiorentissima cittadina s’eleva maestosa una collina, ch’è tanto celebrata nella storia.
In cima ad essa, che scende ripida agli abissi del mare, l’anno 1598, giovedì 22 ottobre, compariva d’improvviso S. Cono nelle sembianze di pietoso pellegrino. Egli, affidandola ai fratelli Raffa, guardiani di quel Castello, lasciava -racchiusa in un un santuario, determinando persino l’area che doveva occupare. Ciò perché la Vergine da quell’altezza vigilasse sul mare sottostante, infestato continuamente dai pirati e perché attirasse lo sguardo fidente dei naviganti tra le onde spumanti del mare irato e perché infine venisse salutata, come stella amorosa, da quanti si muovevano nell’immensa plaga sottostante.
S. Cono, per la sua promessa, è ritenuto come lo speciale Liberatore dalla peste, dalla fame, dalla guerra, dalla tirannica dominazione e dagli spiriti diabolici. È invocato ancora con devozione nei mali di orecchio e naso.
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