Benedetto XVI-Enciclica S.le «CARITAS IN VERITATE»

caritas_in_veritateAnche le Associazioni di Consumatori possono fare Promozione Umana. Caritas in veritate (10/07/2009 ) soldisette-altroconsumoEcco qualche riflessione sull’ultima ciclica di Papa Benedetto XVI.

Voglio accostare alle riflessioni sui ragionamenti di tipo economico presenti nell’Enciclica CARITAS IN VERITATE, la straordinaria valenza della “Parola” del Vescovo Franco Montenegro, (articolo in pagina), sugli Immigrati.benedetti_cassettisti «Loro cercano pace, dignità, scuola, cibo. Vogliono vivere… – C’è Gesù nel volto dell’uomo che ci è accanto, anche se immigrato. “Ero forestiero e mi avete accolto”. L’accoglienza non è fare una semplice elemosina, ma accogliere la persona che ho di fronte. Accogliere lo straniero è fare spazio nella città, nelle leggi, nella casa, nelle amicizie. L’accoglienza è diversa dalla beneficenza.

Usare bene il denaro! Investirlo per dare lavoro all’uomo anche immigrato.

No nel profitto! Nella rendita parassitaria, nelle ‘case per gli studenti…

Il 7 luglio il Papa ha presentato la sua terza enciclica, la Caritas in veritate, ossia carità nella verità, in cui, con una solida base teologica presenta al mondo la dottrina sociale della chiesa. Una dottrina che riguarda anche l’agire economico dell’uomo e che offre ricchi spunti di riflessione. L’enciclica è piuttosto lunga (127 pagine nella versione della libreria editrice vaticana) e complessa. Chi fosse interessato a leggerla integralmente, oltre che in edicola, la trova sul sito della Città del Vaticano al link http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate_it.html

La struttura dell’enciclica

L’enciclica si compone di 6 capitoli che, riprendendo il messaggio dell’enciclica Popolorum progressio di Papa Paolo VI (del 1967, scritta in pieno fermento post conciliare), puntano i riflettori su sviluppo umano, sviluppo economico, sviluppo dei popoli, collaborazione della famiglia umana, rapporto tra sviluppo dei popoli e tecnica.

Non intende innovare il pensiero della Chiesa, ma intende ripresentarlo in un dialogo stretto con la contemporaneità, inserendosi nella scia del pensiero che la Chiesa ha iniziato a delineare più di un secolo fa dalla Rerum novarum di Leone XIII.

La caratteristica che colpisce più dell’enciclica non è che cosa vi viene detto, ma la struttura coerente in cui viene descritta la dottrina sociale della Chiesa e confrontata con i problemi di oggi. In questa enciclica sembrano pesare più che i singoli pensieri che possono venirne estrapolati, la logica stringente in cui sono ridotti ad unità. Quindi prima di delineare brevemente qualche spunto di riflessione sull’economia e sul risparmio, occorre confrontarsi col messaggio di fondo dell’enciclica.

Il suo messaggio di fondo

Il Papa parte dal concetto cristiano di Carità (l’amore cristiano), ma sente il bisogno di puntualizzare che la carità va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità, perché senza verità la carità scivola nel sentimentalismo.

Che cos’è la verità? Il Papa affronta il tema in diversi modi: la definisce come la luce della ragione e della fede, attraverso cui l’intelligenza perviene alla verità naturale e soprannaturale della verità. Ma la Verità è anche la persona di Cristo e ciò che rende la carità ciò che da sostanza alla relazione personale con Dio.

Per il Papa solo l’incontro con Dio permette di non “vedere nell’altro sempre soltanto l’altro”, ma di riconoscere in lui l’immagine divina, giungendo così a scoprire veramente l’altro e a maturare un amore che “diventa cura dell’altro e per l’altro”.

Il fatto, quindi, che l’uomo sia immagine di Dio, fa sì che tutto il discorso del Papa si incentri sulla promozione integrale dell’uomo.

Al fine della promozione integrale dell’uomo il Papa declina il suo pensiero in campo economico. L’economia funziona ed è morale se promuove l’uomo nella sua integrità, ma non funziona e non è morale se non lo promuove nella sua integrità. Vediamo alcune riflessioni specifiche.

La protezione sociale.

Il Papa è preoccupato degli effetti della globalizzazione dal punto di vista della tenuta dei sistemi di protezione sociale. Al paragrafo 25 dice.

Conseguentemente, il mercato ha stimolato forme nuove di competizione tra Stati allo scopo di attirare centri produttivi di imprese straniere, mediante vari strumenti, tra cui un fisco favorevole e la deregolamentazione del mondo del lavoro. Questi processi hanno comportato la riduzione delle reti di sicurezza sociale in cambio della ricerca di maggiori vantaggi competitivi nel mercato globale, con grave pericolo per i diritti dei lavoratori, per i diritti fondamentali dell’uomo e per la solidarietà attuata nelle tradizionali forme dello Stato sociale. I sistemi di sicurezza sociale possono perdere la capacità di assolvere al loro compito, sia nei Paesi emergenti, sia in quelli di antico sviluppo, oltre che nei Paesi poveri.

E fa presente l’importanza di una sindacalizzazione che vada al di là dei confini nazionali.

L’invito della dottrina sociale della Chiesa, cominciando dalla Rerum novarum a dar vita ad associazioni di lavoratori per la difesa dei propri diritti va pertanto onorato oggi ancor più di ieri, dando innanzitutto una risposta pronta e lungimirante all’urgenza di instaurare nuove sinergie a livello internazionale, oltre che locale.

Il Papa è dunque preoccupato del mondo di incertezza in cui si ritrovano i lavoratori, ma lo fa sottendendo un principio di efficienza economica.

Conseguenza di ciò è il formarsi di situazioni di degrado umano, oltre che di spreco sociale. Rispetto a quanto accadeva nella società industriale del passato, oggi la disoccupazione provoca aspetti nuovi di irrilevanza economica e l’attuale crisi può solo peggiorare tale situazione. L’estromissione dal lavoro per lungo tempo, oppure la dipendenza prolungata dall’assistenza pubblica o privata, minano la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti familiari e sociali con forti sofferenze sul piano psicologico e spirituale.

Questo pensiero viene espresso in maniera più incisiva nel paragrafo 32 là dove si parla di erosione del capiale sociale e della fiducia.

La fiducia

La fiducia, seguendo un tema caro agli economisti è ciò che fa funzionare i mercati, ma la mancata ricerca del benessere dell’uomo inteso nella sua integrità ne mina alla radice il fondamento.

La dignità della persona e le esigenze della giustizia richiedono che, soprattutto oggi, le scelte economiche non facciano aumentare in modo eccessivo e moralmente inaccettabile le differenze di ricchezza e che si continui a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti. A ben vedere, ciò è esigito anche dalla « ragione economica ». L’aumento sistemico delle ineguaglianze tra gruppi sociali all’interno di un medesimo Paese e tra le popolazioni dei vari Paesi, ossia l’aumento massiccio della povertà in senso relativo, non solamente tende a erodere la coesione sociale, e per questa via mette a rischio la democrazia, ma ha anche un impatto negativo sul piano economico, attraverso la progressiva erosione del « capitale sociale », ossia di quell’insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole, indispensabili ad ogni convivenza civile.

È sempre la scienza economica a dirci che una strutturale situazione di insicurezza genera atteggiamenti antiproduttivi e di spreco di risorse umane, in quanto il lavoratore tende ad adattarsi passivamente ai meccanismi automatici, anziché liberare creatività. Anche su questo punto c’è una convergenza tra scienza economica e valutazione morale. I costi umani sono sempre anche costi economici e le disfunzioni economiche comportano sempre anche costi umani.

La stabilità delle relazioni economiche

Un tema legato alla fiducia è anche l’importanza della stabilità delle relazioni economiche che, unica, offre uno sviluppo della ricchezza del benessere nel lungo periodo. Al paragrafo 40 il Papa affronta la figura dell’imprenditore.

Sempre meno le imprese, grazie alla crescita di dimensione ed al bisogno di sempre maggiori capitali, fanno capo a un imprenditore stabile che si senta responsabile a lungo termine, e non solo a breve, della vita e dei risultati della sua impresa, e sempre meno dipendono da un unico territorio. Inoltre la cosiddetta delocalizzazione dell’attività produttiva può attenuare nell’imprenditore il senso di responsabilità nei confronti di portatori di interessi, quali i lavoratori, i fornitori, i consumatori, l’ambiente naturale e la più ampia società circostante, a vantaggio degli azionisti, che non sono legati a uno spazio specifico e godono quindi di una straordinaria mobilità. Il mercato internazionale dei capitali, infatti, offre oggi una grande libertà di azione. È però anche vero che si sta dilatando la consapevolezza circa la necessità di una più ampia “responsabilità sociale” dell’impresa.

In particolare Bisogna evitare che il motivo per l’impiego delle risorse finanziarie sia speculativo e ceda alla tentazione di ricercare solo profitto di breve termine, e non anche la sostenibilità dell’impresa a lungo termine, il suo puntuale servizio all’economia reale e l’attenzione alla promozione, in modo adeguato ed opportuno, di iniziative economiche anche nei Paesi bisognosi di sviluppo.

La denatalità

Il pensiero del Papa affronta anche il problema della denatalità, tuttavia non lo fa solo dal punto di vista della morale sessuale, come si potrebbe credere, ma dal punto di vista economico, entrando in un dibattito che va avanti da decenni sullo sviluppo sostenibile (si pensi al Club di Roma negli Anni Settanta). Di fatto il Papa individua nella denatalità uno dei problemi principali dei Paesi sviluppati che stanno perdendo terreno nel mondo (si pensi al caso del Giappone e a quello dell’Italia dove la denatalità sta avendo un costo anche in termini di crescita della ricchezza).

Al paragrafo 44 dice: L’apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica. Grandi Nazioni hanno potuto uscire dalla miseria anche grazie al grande numero e alle capacità dei loro abitanti. Al contrario, Nazioni un tempo floride conoscono ora una fase di incertezza e in qualche caso di declino proprio a causa della denatalità, problema cruciale per le società di avanzato benessere. La diminuzione delle nascite, talvolta al di sotto del cosiddetto « indice di sostituzione », mette in crisi anche i sistemi di assistenza sociale, ne aumenta i costi, contrae l’accantonamento di risparmio e di conseguenza le risorse finanziarie necessarie agli investimenti, riduce la disponibilità di lavoratori qualificati, restringe il bacino dei « cervelli » a cui attingere per le necessità della Nazione. Inoltre, le famiglie di piccola, e talvolta piccolissima, dimensione corrono il rischio di impoverire le relazioni sociali, e di non garantire forme efficaci di solidarietà. Sono situazioni che presentano sintomi di scarsa fiducia nel futuro come pure di stanchezza morale.

Le associazioni dei consumatori

Infine nell’encliclica non solo c’è più di un passaggio dedicato ai consumatori, ma anche uno dedicato alle associazioni di consumatori che vengono esortate a “educare” i consumatori e ad essere sufficientemente rappresentative. Citiamo il paragrafo 66.

La interconnessione mondiale ha fatto emergere un nuovo potere politico, quello dei consumatori e delle loro associazioni. Si tratta di un fenomeno da approfondire, che contiene elementi positivi da incentivare e anche eccessi da evitare. È bene che le persone si rendano conto che acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico. C’è dunque una precisa responsabilità sociale del consumatore, che si accompagna alla responsabilità sociale dell’impresa. I consumatori vanno continuamente educati al ruolo che quotidianamente esercitano e che essi possono svolgere nel rispetto dei principi morali, senza sminuire la razionalità economica intrinseca all’atto dell’acquistare. Anche nel campo degli acquisti, proprio in momenti come quelli che si stanno sperimentando dove il potere di acquisto potrà ridursi e si dovrà consumare con maggior sobrietà, è necessario percorrere altre strade, come per esempio forme di cooperazione all’acquisto, quali le cooperative di consumo, attive a partire dall’Ottocento anche grazie all’iniziativa dei cattolici. È utile inoltre favorire forme nuove di commercializzazione di prodotti provenienti da aree depresse del pianeta per garantire una retribuzione decente ai produttori, a condizione che si tratti veramente di un mercato trasparente, che i produttori non ricevano solo maggiori margini di guadagno, ma anche maggiore formazione, professionalità e tecnologia, e infine che non s’associno a simili esperienze di economia per lo sviluppo visioni ideologiche di parte. Un più incisivo ruolo dei consumatori, quando non vengano manipolati essi stessi da associazioni non veramente rappresentative, è auspicabile come fattore di democrazia economica.

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