FW: F.A. Gennaio 2010 – "Caritas in veritate"

 PROVINCIA SS. APOSTOLI PIETRO E PAOLO – Opera San Luigi Orione

PROGETTO DI RINNOVAMENTO

FORUM DI AGGIORNAMENTO A DISTANZA”- VI° anno 

Tema di Gennaio 2010: Caritas in veritate

Iniziamo questo sesto anno del nostro Forum di Aggiornamento a distanza con una sintetica rilettura dell’ultima enciclica del Papa Benedetto XVI, Caritas in veritate, fatta dal Direttore della Caritas Italiana. E’ una apertura molto impegnativa per il nuovo anno che inizia, è un invito a procurarsi l’enciclica per chi ancora non l’avesse (spero che degli orionini siano pochissimi o nessuno!) e naturalmente ad approfondirla con uno studio personale.

Per questo mese ci si potrebbe fermare sul tema dell’ecologia che nell’enciclica è trattato nei numeri 47-52 e che è stato scelto dal Papa per il suo Messaggio per la XLIII Giornata Mondiale della Pace (che allego a parte).

LA CARITAS LEGGE L’ENCICLICA CARITAS IN VERITATE

L’uomo dev’essere il fine dell’intera organizzazione culturale, sociale e politica.

In quest’ottica vanno affrontate le grandi questioni come le emergenze, l’economia, l’ecologia.

Tre gli impegni forti che scaturiscono dalla lettura della “Caritas in veritate”:

ripensare la pace, difendere l’ambiente, cooperare allo sviluppo.

L’applicazione “italiana”.

«Nella società dei consumi della modernità liquida, lo sciame tende a sostituire il gruppo con i suoi leader»; e gli sciami «si radunano e si disperdono a seconda dell’occasione». L’istantanea del sociologo Zygmunt Bauman coglie, per quel che può, lo stato delle cose nelle odierne società. O almeno ne rende l’idea. Gli fa eco sullo stesso terreno Giuseppe De Rita quando parla di una «società a coriandoli», nel senso di frammentata e disgregata, priva comunque di un plausibile e stabile centro di gravità, o almeno di un numero limitato di poli di condensazione di valori, di interessi, di aspirazioni, se non proprio di speranze. Se questi sono i sintomi come si fa ad andare oltre il loro inventario per formulare una diagnosi, una prognosi, una cura?

Se oggi il tessuto della convivenza civile mostra segni di lacerazione, ai credenti – e ai fedeli laici in modo particolare – si chiede di contribuire allo sviluppo di un ethos condiviso, sia con la doverosa enunciazione dei principi, sia esprimendo nei fatti un approccio alla realtà sociale ispirato alla speranza cristiana. Ciò esige l’elaborazione di una seria proposta culturale, condotta con intelligenza, fedele ai valori evangelici e al magistero, insieme ad una continua formazione spirituale. Implica una rivisitazione costante dei veri diritti della persona e delle formazioni sociali nella ricerca del bene comune e deve promuovere occasioni di confronto tra uomini e donne dotati di competenze e professionalità diverse.

Costituzione e bene comune. La nostra Carta Costituzionale descrive una società concepita come un organismo in cui tutti i rapporti sono orientati al bene comune, ma può esser letta anche come un progetto, una traccia di lavoro per conseguire questo obiettivo, che è tale solo se «è di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti» {Sollicitudo rei socialis n. 38). Tra l’altro la Costituzione si è preoccupata, di ricordare che «ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta un attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società» (art. 4).

L’affermazione costituisce un atto di fiducia nell’uomo. Equivale a dire che nessun contributo può andar perduto, giacché ogni cittadino – ricco o povero – è una risorsa ed ha qualcosa di positivo da offrire al bene comune. Quando però una parte dei cittadini è impossibilitata a fruire dei benefici comuni e ad offrire il proprio contributo al «progresso materiale e spirituale della società», la Costituzione impegna la Repubblica a «…rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica e sociale del paese» (art. 3).

Basterebbe già questo richiamo a giustificare l’esigenza di un piano, di presa in considerazione seria della questione sociale, capace di preoccuparsi non soltanto di dare adeguate risposte alle legittime attese di sviluppo personale di ogni uomo e ai suoi bisogni primari, ma anche di favorire una sua inclusione civile e sociale a vantaggio di tutti. E ciò perché la dimenticanza, l’esclusione e l’emarginazione di un solo cittadino rende più povera l’intera società.

“Caritas in veritate” e bene comune. Nell’enciclica Caritas in veritate (CV) il punto essenziale è la concezione antropologica e la centralità dell’uomo posto come fine dell’in-tera organizzazione culturale, sociale e politica. Attorno a questa concezione va verificato, analizzato e valutato l’insieme dei fe-nomeni della globalizzazione, compresa la cri-si economico-finanziaria.

Benedetto XVI ci ricorda due grandi verità della Populorum progressio di Paolo VI:«Tutta la chiesa in tutto il suo essere e in tut-to il suo agire, quando annuncia, celebra e opera nella carità, è tesa a promuovere lo svi-luppo integrale dell’uomo»; inoltre, «l’auten-tico sviluppo dell’uomo riguarda unitaria-mente la totalità della persona in ogni sua dimensione (CV 11). Sviluppo di ogni e di tutto l’uomo come radice di ogni scelta di sviluppo della persona umana. Non semplice-mente teorizzato, ma nella concretezza e in-terezza di ogni persona e nella sua interazione nella famiglia umana.

L’uomo, infatti, per sua intima natura è un essere sociale e, senza i rapporti con gli altri,non può vivere né sviluppare le sue doti. I due aspetti, singola persona e dimensione so-ciale, non sono scindibili – ci ricorda la Caritas in veritate -: la singola persona è un tutto in sé completo che vive in quanto in relazione con la comunità umana in sé completa.

È ormai assodato che le battaglie sulla procreazione assistita, la concezione della famiglia, l’eutanasia, la vita in generale come anche i fenomeni della schiavitù, del traffico di clandestini e il commercio di organi, costituiscono un aspetto significativo della questione sociale globale. La Caritas in veritate ne parla secondo questa impostazione antropologica(CV 28): in gioco vi è la concezione dell’uomo in quanto persona e in quanto soggetto di diritti, dall’inizio del suo concepimento fino alla sua morte naturale.

Queste istanze etiche rientrano nella vita politica e nella società civile da cui rischiano di essere estromesse. In qualche modo, esse avviano un processo di emancipazione della società e della stessa politica dal dominio dell’economia. Un processo questo quanto mai necessario per ricondurre l’economia alla sua funzione di strumento, collocando la dimensione della dignità umana e del bene comune universale al centro della riflessione politica. In gioco, infatti, sono poste le verità dell’uomo e il suo intreccio con la dimensione relazionale la quale è fatta di carità. Così che verità, libertà, amore e giustizia formano un in-treccio inscindibile.

È per la via della comunicazione, del dialogo e della comunione che si può perseguire il bene comune che è la verità, in quanto bene di tutti: «Non è un bene ricercato per se stesso, ma per le persone che fanno parte della comunità sociale» (CV 7). Affievolendosi l’influenza delle ideologie degli ultimi due secoli, è opportuno guadarsi, con lucida attenzione, dal rischio di cadere totalmente nelle braccia della tecnologia (CV 14) come se la vita non fosse più mistero da indagare ma un problema da risolvere e da ricercare scientificamente. L’uomo va sottratto al dominio della tecnica perché possa ritrovare i riferimenti al senso della vita e della verità che salva, come anche i criteri etici che salvaguardino ogni uomo da strumentalizzazioni e lo riconducano alla natura di soggetto di diritti, con un primato sui beni materiali e sui processi che lo riguardano (CV cap. 6).

L’anno sociale e pastorale che stiamo vivendo ci porta, giorno per giorno, a considerare una serie di grandi questioni che la Caritas in veritate ha illuminato in modo profondo quali: le emergenze sociali (fame nel mondo, corruzione, politiche sociali, crisi economico-finanziaria…); l’economia sociale di mercato che va governata con un coordinamento dei singoli progetti da parte degli attori del mercato, e non di una subordinazione del mercato alla politica; gli attori economici capaci di produrre valore relazionale, coesione, cultura della fraternità, reciprocità e solidarietà nel rispetto della libertà e della dignità della persona; l’ecologia umana che chiede di connettere tra loro ambiente vitale, vita umana e dignità della persona.

La verifica di tali prassi deve provocare cambiamenti, anche radicali, capaci di riportare al centro dell’attenzione e dell’azione due grandi verità: lo sviluppo di ogni uomo e di tutto l’uomo. Paolo VI invitava a «far uscire i popoli innanzitutto dalla fa- me, dalla miseria, dalle malattie endemiche e dall’alfabetismo» (PP 21).

La Fao ha comunicato le sue nuove stime: la fame nel mondo ha raggiunto un livello storico nel 2009 con 1,02 miliardi di persone in stato di sotto-nutrizione. Solo quest’anno è cresciuta dell’11%. In tutto, le persone che soffrono la fame rappresentano il 40% della popolazione mondiale. Va dunque messo in discussione il sistema economico che ha come obiettivo esclusivo il profitto: «…l’esclusivo obiettivo del profitto, se mal prodotto e senza il bene comune come fine ultimo, rischia di distruggere ricchezza e creare povertà» (CV 21). Ciò alla lunga distrugge le relazioni rendendole disumane. Crea disordine sociale, emarginazione, riduzione della base dei mercati stessi.

Nelle giornate del G8 a L’Aquila è emersa l’esigenza di predisporre risorse materiali e intellettuali per conoscere e governare il sistema economico globale attraverso un complesso di regole capaci di affermare il sacrosanto bene comune. Istanza di una partnership più forte per accrescere sia l’accesso all’acqua che ai servizi sanitari di base.

Naturalmente, i soldi da soli non bastano a costruire un nuovo ordine mondiale. Va quindi colto positiva- mente il segnale arrivato dall’Aquila per una riforma del commercio per stabilire un sistema di scambio delle merci non solo libero ma anche e soprattutto equo e solidale. Il papa l’ha scritto nella Caritas in veritate perché è in gioco la morale, la più sovrana delle questioni. Oggi, in una mescolanza di popolazioni tipica di questa nuova fase della storia, si assiste ad un ulteriore sviluppo. La questione sociale riguarda oltre che la sperequazione fra popolazioni ricche e povere – la distanza fra individui forti e deboli all’interno degli stessi paesi stante il fenomeno ormai inarrestabile delle migrazioni, specialmente quelle dai paesi poveri ai paesi ricchi. Si tratta di un fenomeno ricco di prospettive, oltre che complesso in sé. Un fenomeno da affrontare sempre con quella visione per cui ogni uomo è soggetto di diritti e doveri (CV 62).

Nuove prospettive etiche e culturali nella globalizzazione. Ripensare la pace, difendere l’ambiente, cooperare allo sviluppo, sono tre prospettive etiche urgenti per essere globalmente responsabili.

Ripensare la pace. Non si tratta solo di ridurre gli armamenti, di conoscere e affrontare le 24 guerre in atto nel mondo e non conosciute, perché difendono gli interessi di qualcuno, non solo di tutelare gli oltre 16 milioni di rifugiati (più di 60 milioni tra sfollati e rifugiati), alcune migliaia dei quali arrivano anche in Italia: si tratta di fermare forme inedite di corporativismo, di individualismo, di contrapposizione che non aiutano l’apertura e il dialogo sociale, la mediazione sociale, il patto di cittadinanza, la cooperazione sociale innescando nuove lotte e scontri sociali.

È una questione che passa attraverso un’informazione, una cultura attenta a favorire dialogo, integrazione e inclusione a diversi livelli: nel mondo del lavoro e della vita culturale, nella società e nella politica. L’impresa diventa un luogo simbolico dove emerge l’interesse per il bene comune, la capacità di valorizzazione e di integrazione di competenze di persone che, in Italia, sono arrivati da 193 paesi diversi del mondo, evitando forme subdole di chiusura e di sfruttamento.

Difendere l’ambiente. Il tema di un globo, di un mondo creato e che va custodito impegna ad una responsabilità personale e d’impresa, sociale e politica. Alle nuove generazioni non possiamo consegnare gli scarti di un mondo usato irresponsabilmente, ma una nuova qualità sul piano dei luoghi, degli ambienti di vita, delle relazione che in essi si costruiscono. L’impresa diventa un luogo simbolico dove la cura della salute, il rispetto delle regole di produzione e smaltimento dei rifiuti, l’attenzione ai consumi e alle forme alternative sul piano energetico diventano esemplari per il rispetto non solo di chi vive, ma anche di chi vivrà.

Cooperare allo sviluppo. La crisi finanziaria, oltre che fare 100 milioni di poveri in più nel mondo alla fine del 2010, rischia di togliere risorse destinate allo sviluppo. In realtà, solo destinando risorse pubbliche e private allo sviluppo si potrà costruire un sistema finanziario rinnovato capace di sostenere il lavoro e il benessere di persone, famiglie e popoli. L’impresa diventa un luogo simbolico di costruzione dello sviluppo, anche attraverso una responsabilità che coniuga il bilancio, il mercato, l’acquisto e la vendita con la tutela e lo sviluppo di nuovi mercati, coniugando efficienza e solidarietà. Il mondo per l’impresa dev’essere il luogo dove uomo e donna, locale e straniero, lavoro e mercato, persona e ambiente, intelligenza e operatività, non sono distanti, separati o peggio in contrapposizione, ma luogo dove si sperimenta con responsabilità una nuova cittadinanza globale. Un tassello di un altro mondo possibile.

Quali gli ambiti più urgenti? In senso generale, considerando anche i recenti sviluppi della crisi economica, si evidenziano comunque quattro aree di attenzione: la famiglia (specialmente quella con bambini, priva di lavoro regolare); il Meridione (dove la crisi piove su un bagnato di povertà cronica); la non-autosufficienza (specialmente quella che coinvolge gli anziani), e le situazioni di povertà estrema, entro cui ricadono molti immigrati, spesso esclusi o poco considerati dalle politiche sociali. Il riferimento agli immigrati non suoni ideologico: in tempi di ristrettezza economica, vi è infatti il rischio di dimenticare chi è più al margine, anche perché politicamente poco rappresentato o influente. In questo senso, gli immigrati costituiscono un paradigma di questo tipo di rischio.

Consapevoli dei segni di speranza presenti nel nostro tempo, rafforziamo il senso di responsabilità e la volontà di operare per lo sviluppo di tutti gli uomini e di tutto l’uomo, per le generazioni future, senza trascurare nessuna delle energie che possono contribuire a farci crescere insieme. Lo sguardo sull’Italia, nell’ottica della promozione del bene comune, impegna ad affrontare con sapienza e coraggio la questione demografica, i problemi e le risorse dell’immigrazione, le sfide della questione giovanile.

È parimenti necessario evidenziare la centralità della persona nelle scelte economiche e il senso di responsabilità nei confronti del lavoro, far sì che si dispieghi fattivamente il ruolo sociale della famiglia, contrastare il dilagare dell’illegalità, prendersi a cuore delle future generazioni con una doverosa cura del creato, superare i divari interni al paese, aiutandolo ad aprirsi agli orizzonti della pace e dello sviluppo mondiale, sfruttando le opportunità positive della globalizzazione e promuovendo un ordine più giusto tra gli stati. In questo cantiere aperto il contributo dei credenti, sul piano etico e spirituale, culturale, economico e politico è essenziale per concorrere ad orientare il cammino dell’umanità.

Vittorio Nozza

direttore nazionale Caritas italiana

(Da Settimana n. 44 – 6 dicembre 2009)

Domande per l’approfondimento e il dialogo, anche via e-mail:

1. Cosa, in questa rilettura di Don Vittorio Nozza, ti colpisce e perché ?

2. Quanto Don Orione ha fatto per lo sviluppo, per la pace e per l’ambiente ?

3. Vuoi scrivere una qualche tua reazione al tema per farla circolare in internet ?

4. Concludi con una preghiera come frutto della lettura e della riflessione.

 

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