«DIFENDERE E SERVIRE LA PACE» – "Obiezione di coscienza e volontariato " – Prof.re Antonio CASILE

DIFENDERE E SERVIRE LA PACE

Obiezione di coscienza e volontariato

Antonio CASILE

Introduzione

0 « RISCOPRIRE …»

Mi perdonerete! Anch’io, come chiunque lavori, mi porto dietro i miei tic professionali.

Insegno e, perciò, lavoro con le parole e sono abituato a far lavorare molto sulle parole.

Le parole, come i sassi nel mare, vengono levigate dall’uso, tanto che l’attenzione vi scivola sopra, senza restarvi impigliata.

Così, delle parole perdiamo il senso originario, smarriamo la memoria delle passioni, dei sogni, delle aspirazioni, delle lotte che in esse ha racchiuso che le ha coniate o trovate per esprimere il senso di un’esperienza significativa.

E così, delle parole abusiamo, allontanandoci, cioè, dall’uso dal quale sono nate.

“Obiezione di coscienza”! Due parole, ambedue composte, unite da una preposizione semplice. Due semplici parole che in certi momenti hanno sprigionato una energia formidabile, che ha dato vita a vasti movimenti di opinione, che ha ispirato decisioni ed azioni, che hanno sfidato il potere costituito, mettendone in crisi le politiche nei campi più diversi.

A noi qui, oggi, interessa l’obiezione di coscienza in quel campo minato che è il servizio militare.

Oggi, forse, queste due semplici prorompenti parole appaiono levigate ed abusate.

Proviamo, allora, a fissare su di esse la nostra attenzione per riscoprire la loro scomoda e rugosa spigolosità.

 

1 “…L’OB-IEZIONE…”

Anzitutto, “ob-iezione dal latino obiectio, obicere ” è parola composta da “ob che significa contro e “iacere”, gettare, gettare contro. Dunque, l’obiezione è l’atto di gettare contro, con tutti i significati derivati di contrapporre, riprovare e rimproverare, proporre, esporre ed esporsi, farsi avanti, far penetrare, conficcare magari nella mente) .

L’etimologia della parola obiezione, ne richiama un’altra, quella del termine pro-blema, che deriva dal greco pro-blema, pro-ballo, cioè getto davanti.

Uno dei più autorevoli filosofi della scienza viventi, Karl Popper, definisce il problema come “una delusione delle nostre aspettative”.

L’obiezione è un atto che crea problemi, l’obiettore con la sua obiezione delude le aspettative che su di lui hanno la gente normale, le persone perbene, gli apparati, il buon senso comune, la morale corrente, rimettendone in questione i quadri concettuali e valutativi acquisiti e condivisi.

L’obiettore rompe i giochi già fatti, è un guastafeste, gioca insomma, un ruolo destabilizzante«

L’obiettore, per dirla con un termine poco accademico, è un rompiscatole.

Ma è solo questo, e lo è proprio?

 

2. “…DI CO-SCIENZA,…”

Sì, se non fosse un obiettore “di coscienza”.

Quella preposizione semplice “di”, fatta di due povere lettere è per noi preziosissima.

Il grammatici ci dicono che essa introduce un genitivo che può essere soggettivo oppure oggettivo.

Nel primo caso il soggetto dell’obiezione è la coscienza, nel secondo l’obiezione ha come oggetto la coscienza, i contenuti della coscienza.

Il primo significato ci rinvia alla coscienza dell’obiettore, che fa obiezione proprio perché ha una coscienza sua, che non è disposto a svendere a nessuno, che è personale ed è vigile sempre« Non è disposto ad accettare acriticamente e supinamente quanti altri dicono e decidono, ma delle cose vuol farsi una conoscenza scienza diretta e personale.

 

Ma la co-scienza è, come dice il termine conoscenza fatta “con”, “insieme a”.

Insieme a che e con chi?

Anzitutto con se stesso

La coscienza, nel suo versante psicologico, esprime la consapevolezza che un individuo ha di se stesso, del proprio corpo, delle proprie sensazioni, delle proprie idee, della propria dignità, dei fini delle proprie azioni, delle proprie potenzialità e dei propri limiti, delle proprie coordinate spazio-temporali«

Ma questa auto-consapevolezza è come librata e coniugata con altre due realtà da una parte la situazione in cui l’individuo si trova ed è chiamato ad agire coscienza storica), dall’altra un ordine di valori, di principi, di norme che legittimano l’azione, dandole un senso, cioè un significato e un orientamento coscienza morale) .

Una persona, dunque, è cosciente perché responsabile in una situazione data è chiamata dagli eventi a dare una risposta risolutiva che realizzi un valore qui e ora, nella concretezza del caso, ma nel rispetto di un ordine normativo, che è l’espressione di quel valore.

E’ cosciente, perciò, la persona che sotto la superficie levigata delle apparenze avverte problemi, ne definisce con lucidità i termini, ne esplora le condizioni di soluzione, progetta le soluzioni più adeguate e stabilisce le strategie più adatte per realizzarle.

Risalta, così, da questo lavoro sulle parole, una prima caratterizzazione dell’obiettore di coscienza! una persona consapevole e preoccupata delle situazioni problematiche in cui si trova, una persona responsabile e creativa nel proporre e dare soluzioni.

Ma quali soluzioni?

Certamente non qualsiasi soluzione« Anzi, l’obiettore è colui che lancia la propria obiezione contro certe soluzioni che riprova, perché le ritiene ingiuste, è non rispondenti ad un ordine di valori nel quale egli crede.

Nel nome della coscienza, al cui centro vè un ordine di valori, l’obiettore obietta, contrappone un valore all’anti-valore, su cui è fondata la soluzione che contesta.

L’obiettore cosciente diventa consapevole di sè in una situazione, confrontandosi con un sistema di valori.

Con uno sguardo ai valori e l’altro alla situazione, giudicando con prudenza, comprende ciò che è giusto fare, decide di farlo e lo fa con determinazione.

 

Qui la coscienza si pone come consapevolezza del valore morale dell’operato proprio e altrui singoli o istituzioni), come sentimento del bene o del male che si fa e prende corpo nelle coscienze, nei comportamenti, nei dinamismi e nelle strutture della vita sociale e nelle istituzioni.

Arricchiamo la nostra caratterizzazione! l’obiettore è colui che da una parte funziona come coscienza critica, come spina nel fianco della società e delle istituzioni per le soluzioni adottate, dall’altra propone con forza dei valori, in nome dei quali esercita la sua funzione critica.

La sua non è una forza disgregatrice, ma costruttrice di un ordine nuovo.

Egli vuole disintegrare un ordine ingiusto che prende forma in soluzioni, che la sua coscienza giudica inadeguate, anzi nocive, per far penetrare nel corpo sociale l’anticorpo di un contro-valore, intorno al quale costruire un nuovo ordine.

L’obiettore è un seminatore di valori autentici nel campo sociale è il coltivatore di questi valori, ad essi si dedica tutto senza tregua, fin quando essi non diano i frutti sperati, da poter distribuire a tutti, perché tutti si possano nutrire di valori umanizzanti.

 

3 «…PER AMARE IL VALORE DELLA PACE,…»

Sì, ma quali valori?

Questi sono indicati negativamente dall’anti-valore contro cui si obietta è nel nostro caso il “servizio militare”, “obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge (Costituzione italiana, art. 52, comma -) .

E’ a tutti noto che, se escludiamo il caso dei testimoni di Geova, gli obiettori non obiettano contro il “servizio dovuto alla patria, ma contro la sua modalità “militare”, con tutto ciò che essa presuppone e comporta.

Infatti, l’obiettore, come tutti i cittadini, sa di avere il sacro dovere di difendere la patria Cost., art. 52, comma -), come espressione dell'”inderogabile dovere di solidarietà politica, economica e sociale sancito dall’art« della Costituzione.

Nella fattispecie, egli non rifiuta il servizio “di difesa”, ma la difesa in campo militare e con metodi e mezzi militari.

 

Il suo è un servizio di difesa “civile e, perciò, questa difesa la oppone a tutte le forme di male che affliggono la società civile, con metodi e mezzi “civili”.

 

L’obiettore non è un idealista ingenuo! egli è cosciente che il male è all’opera nel mondo, facendo violenza alle persone e alle società umane, nel caso alla nostra società patria. Egli è consapevole più degli altri e per questo obietta che la violenza dell’ingiustizia, dell’inuguaglianza, della schiavitù, della povertà, dell’ignoranza, dell’emarginazione, della menzogna e di quanti altri mali viola con la prepotenza della forza i diritti inviolabili degli uomini, violentandone la dignità.

 

L’obiettore è colui che, per sua scelta libera, consapevole e critica, si fa avanti per assicurare alla società patria la difesa contro tutte queste forme di male, che sono alla loro radice violenza.

La violenza, nella sostanza, è espropriazione di quel bene primario e supremo per ogni uomo e per ogni società, che è la pace.

 

Noi, in occidente, abbiamo ridotto questo termine, “pace”, a significare “l’assenza della guerra”.

E’ un’idea pallida ed estenuata della pace.

Forse perché abbiamo perduto il senso della guerra, ci siamo assuefatti, per la sua frequenza, alla guerra come una magica quanto invincibile fatalità.

 

Mentre la guerra è la più tremenda maledizione che possa cadere su un popolo.

Forse per questo ci accontentiamo di una pace che sia solo “assenza di guerra”.

 

Ritorniamo, allora, per capire al nostro lavoro di sterro delle parole e cerchiamo di penetrare nel significato intimo del termine “pace”.

 

“Pace viene dal latino “pangere da cui proviene pure “patto), che significa piantare, conficcare idea di solidità e stabilità), coltivare a idea di abbondanza), celebrare, cantare, lodare idea di gioia e di riconoscenza), determinare, fissare idea di ordine), stabilire, concludere idea di diritto e giustizia), pattuire, impegnarsi idea di lealtà e fedeltà), promettere idea di promozione) .

 

Il termine “pace”, così determinato, sembra rinviare nel complesso dei suoi significati all’ebraico “shalimò che nell’Antico Testamento esprime il compendio della salvezza e della felicità, definisce le condizioni dell’uomo definitivamente salvato dal male pienamente realizzato.

 

E’ chiaro che questa condizione di pace è un punto finale, ma verso esso l’uomo si sente sospinto da una forza irrefrenabile e verso esso tende con tutta la forza del desiderio.

Questa pace, nella sua condizione finale, escatologica, si configura come:

a) una fecondità paradisiaca mai sperimentata;

b) armonia degli animali fra di loro e nei confronti dell’uomo;

c) armonia degli uomini singoli e popoli tra di loro;

d) armonia di tutti i viventi con il creato;

e) armonia degli uomini con Dio.

 

Nel Nuovo Testamento la pace è il dono dell’era messianica compiuta e descrive la condizione del Regno di Dio, di quel Dio che è “Dio della pace”, 2T- 3, 1: ).

 

 

Egli ha mandato agli uomini la bella notizia della pace, per mezzo di Gesù Cristo cfr« A- 10, 3: ). è Gesù annuncia il “vangelo della pace Ef 1 6, 1: -e lui stesso realizza la pace! con la sua morte crea un popolo nuovo, in cui ebrei e greci, rappacificati tra loro, vivono in pace con Dio cfr« Ef 12, 14-1).

 

Nel “manifesto del Regno di Dio, le “beatitudini’., vengono dichiarati “beati”, cioè felici, “gli operatori di pace”.

Il Nuovo Testamento per dire la pace utilizza il termine greco “eireneò che esprime di per sè nella contrapposizione a “polemos’., la benedizione della città fondata sulla benevolenza e sui benefici delle divinità.

La pace, infatti è considerata dono degli dei, di Dio, tanto gli uomini si sentono incapaci di astenersi dalla guerra, tanto grande è per essi il bene della pace.

Tanto che agli uomini la pace pare impossibile.

 

E, invece, la pace è possibile, perché necessaria « E se è necessaria, la pace è doverosa.

“La pace è un dovere universale e perenne”, diceva Paolo VI “E’ un dovere inderogabile« Un dovere dei responsabili della sorte dei popoli« Un dovere di ogni cittadino del mondo! perché tutti devono amare la pace tutti devono concorrere a produrre quella mentalità pubblica, quella coscienza comune che la rende auspicabile e possibile”.

“La pace bisogna volerla, la pace bisogna amarla, la pace bisogna produrla” .

La pace, aggiungerà Giovanni Paolo Il, bisogna difenderla, bisogna servirla.

 

 

4 « …DIFENDERE LA PACE,…»

L’obiettore, che obietta contro la modalità militare di servire la patria, perché aborrisce la guerra, i suoi metodi, i suoi strumenti e le sue istituzioni, sceglie di svolgere il suo servizio di difesa alla patria, difendendo la pace e servendo la pace nell’ambito della società civile.

Ciò perché egli è convinto che “la pace è un bene essenziale e fondamentale per l’umanità in questo mondo, quello della civiltà, del progresso, dell’ordine, della fratellanza (Paolo VI) « Perché convinto che senza la pace un popolo non è più un popolo e l’uomo si riduce a lupo per l’uomo è dunque, la difesa della pace.

La pace, non c’è chi non lo veda è una realtà in divenire, mai completa è fragile, instabile, mai sicura, perché insidiata da tutte le forme di violenza che ne scardinano le fondamenta.

“Affinché all’uomo sia garantito il diritto alla vita, alla libertà, all’eguaglianza, al godimento dei beni della civiltà, alla dignità personale e sociale, occorre la pace dove questa perde il suo equilibrio e la sua efficienza i diritti dell’uomo diventano precari e compromessi dove non vè pace il diritto perde il suo volto umano.«

Là dove non vè rispetto, difesa, promozione dei diritti dell’uomo, là dove si fa violenza, o frode alle sue inalienabili libertà, dove si ignora o si degrada la sua personalità, dove si esercitano la discriminazione, Io schiavismo, l’intolleranza, non vi può essere pace e diritto ( Paolo VI ) .

Difendere la pace vuol dire resistere ed opporsi a tutte le forme di violenza che offendono la dignità di ogni uomo, le grandi violenze, come quelle appena citate, ma anche le piccole violenze che avvelenano le nostre vite quotidiane, le strade delle nostre città, i rapporti nelle nostre comunità ristrette.

 

5 « …EDUCARE ALLA PACE…»

La difesa della pace perciò, è innanzitutto un no alla violenza, quella violenza che esplode all’esterno, ma cova nel cuore dell’uomo.

 

La difesa della pace diventa, allora, prevenzione della violenza, educando gli uomini alla pace, educandoli a restare fedeli ai fondamentali diritti della società, alla disciplina dell’ordine per il bene comune.

Prima che esteriore la pace è un fatto interiore.

Bisogna educare alla pace, anzitutto, il cuore degli uomini.

Con “cuore intendiamo” il fondo più intimo della persona umana nella sua relazione col bene, con gli altri, con Dio. Non si tratta tanto della sua affettività, ma piuttosto della sua coscienza, delle sue convinzioni, del sistema di pensiero, al quale essa si rifà, come anche delle passioni che la coinvolgono. « E’ col cuore che l’uomo è sensibile ai valori assoluti del bene, alla giustizia, alla fraternità, alla pace ( Giovanni Paolo II ).

L’obiezione di coscienza, che scaturisce dal rifiuto della violenza, si esprime in positivo come testimonianza di una coscienza della pace! una coscienza che abbia consapevolezza del valore della pace, che alimenti in sè la pace e non la volontà di potenza, che abbia voglia di giustizia e non di prevaricazione, che sappia resistere agli allettamenti delle ideologie violente, che sia, insomma, abitata dall’amore e non dall’egoismo.

Una coscienza che abbia al centro della propria facoltà di giudizio “”alcuni principi, elementari ma fermi, quali, ad esempio, i seguenti! gli affari degli uomini devono essere trattati con umanità, e non mediante violenza le tensioni, le liti ed i conflitti devono essere regolati mediante negoziati ragionevoli, e non mediante la forza le opposizioni ideologiche devono essere tra loro confrontate in un clima di dialogo e di libera discussione gli interessi legittimi di determinati gruppi devono tener conto anche degli interessi legittimi degli altri gruppi parimenti implicati e delle superiori esigenze del bene comune il ricorso alle armi non può essere considerato come lo strumento appropriato per risolvere i conflitti i diritti umani imprescrittibili devono essere salvaguardati in ogni circostanza non è permesso uccidere per imporre una soluzione ( Giovanni Paolo II ) .

Questa coscienza si manifesta come una mentalità di pace.

Una mentalità che va educata “Bisogna disarmare gli spiriti, se vogliamo impedire efficacemente il ricorso alle armi che colpiscono i corpi « Bisogna dare alla pace, cioè agli uomini tutti, le radici spirituali d”una comune forma di pensare e di amare. Non basta ad associare gli uomini fra loro l’identità della loro natura occorre insegnare loro a parlare un medesimo linguaggio, cioè a comprendersi, a possedere una comune cultura, a condividere gli stessi sentimenti.

 

L’obiettore si adopera perché la pace diventi il costume di tanti semplici “operatori di pace”! individui, famiglie, gruppi, associazioni che, “mediante il dominio delle proprie passioni, l’accettazione e il rispetto vicendevoli raggiungono la pace interiore e la irradiano ( Giovanni Paolo II ) .

Egli aiuta le persone degli ambiti in cui lavora “a fare l’esperienza della pace nelle mille esperienze quotidiane, che sono a loro portata, nella famiglia, nella scuola, nel gioco, nel cameratismo, nel lavoro di gruppo, nelle competizioni sportive, nelle molteplici forme di conciliazione e riconciliazione necessarie ( Giovanni Paolo II ) .

Egli stimola i governanti perché diano priorità e rilievo a grandi progetti di pace come gestire in maniera ragionevole e solidale l’ambiente e il patrimonio comune, abolire la miseria, affermare istituzioni capace di esprimere e promuovere la comunione dei cittadini, incoraggiare forme di vita semplice, libere dalla schiavitù del consumismo, disponibili all’amicizia, all’accoglienza, alla solidarietà.

La difesa della pace passa, dunque, attraverso l’educazione alla pace, che si realizza mediante la pratica della pace di tutti coloro che “realizzano modestamente, giorno per giorno, tutte quelle forme di pace, di cui sono capaci ( Giovanni Paolo II).

 

6 « …SERVIRE LA PACE,…»

L’obiettore difende la pace, usando il metodo della pace, ponendo cioè gesti di pace e realizzazioni di pace, con mezzi che non dividono, ma uniscono e, così aprono gli occhi su visioni di pace.

La difesa della pace si compie positivamente mediante il servizio della pace.

E si serve la patria anzitutto assicurando le condizioni essenziali della pace, cioè la giustizia e l’amore.

La giustizia consiste nell’assicurare a ciascuno ciò che gli è dovuto per essere ciò che deve essere! un uomo riconosciuto e rispettato nella sua dignità.

Ciò comporta un ambiente vitale ispirato alla giustizia e in cui le cose accadano secondo giustizia, nel rispetto, cioè di tutti i fondamentali diritti di uguaglianza, libertà e solidarietà.

Ma l’esperienza di molte società mostra che quand’anche i diritti umani fossero fondamentalmente rispettati, non per questo verrebbe assicurato il bene comune, cioè una qualità buona della vita tale che tutti si sentano bene stando insieme.

E’ necessario l’amore ..L’amore è il connettivo che, nella reciprocità del donarsi e dell’accogliersi, riunisce tutte queste individualità in una comunione, che va oltre il commercio dei diritti e dei doveri.

Qui sono compresi i diritti e i doveri di solidarietà politica, economica e civile, ma soprattutto la gratuità, che anima la solidarietà e la salva dai rischi di chiusura corporativa, dandole un respiro autenticamente e più universalmente umano.

La giustizia e l’amore si assicurano con concreti gesti di giustizia e d’amore, perché se da essi dipende la pace, “la pace si deve fare, si deve produrre, si deve inventare, si deve creare con genio sempre

vigilante, con volontà sempre nuova e instancabile… La pace non può essere nè passiva, nè oppressiva dev’essere inventiva, preventiva, operativa (Paolo VI) .

Questi gesti di giustizia e d’amore vanno fatti con metodo pacifico.

Il metodo della pace è il dialogo. Esso presuppone due o più soggetti che siano tra loro in attitudine di scambio, di fecondazione reciproca, di tensione verso un comune interesse, di ricerca umile e spassionata del bene comune, di apertura alle novità, ma soprattutto di riconoscimento e rispetto della diversità. Anzi è la diversità dei dialoganti che rende possibile e fecondo il dialogo. Altrimenti avremmo un monologo e con esso la staticità e la noia.

Il dialogo presuppone la ricerca di ciò che è vero, buono e giusto, il riconoscimento della differenza e della specificità dell’altro, la ricerca di ciò che è e resta comune tra gli uomini, il senso della solidarietà nella coscienza della interdipendenza vicendevole.

Il metodo del dialogo si realizza con mezzi pacifici! “è volontà di ricorrere a tutte le possibili formule di negoziati, di mediazioni, di arbitrato, per far sì che i fattori di avvicinamento prevalgano sui fattori di divisione e di odio. Esso è un riconoscimento della dignità inalienabile degli uomini. Esso poggia sul rispetto della vita umana. Esso è una scommessa sulla socievolezza degli uomini, sulla loro vocazione a camminare insieme, con continuità, mediante un incontro convergente delle intelligenze, delle volontà, dei cuori, verso lo scopo che il creatore ha loro fissato! rendere la terra abitabile per tutti e degna di tutti ( Giovanni Paolo II, 1988 ).

 

L’obiettore si impegna diffondendo lo stile del dialogo per la pace a livello di piccolo gruppo, di comunità locale, nazionale e internazionale, in ogni campo della vita civile, per favorire la soluzione dei conflitti e la ricerca del bene comune~ per assicurare a tutti l’esercizio pieno dei diritti fondamentali, l’eliminazione di ogni fonte di ingiustizia, la disponibilità e l’uso dei beni indispensabili per condurre una vita dignitosa, la neutralizzazione di ogni mezzo d’offesa ( in primis le armi ), la costituzione di un ordine giusto, al quale tutti possano concorre e partecipare.

 

E’ su questo campo del servizio civile della pace, così come l’abbiamo delineato, che l’obiettore incontra sulla sua strada operativa e spirituale il volontario, che per sua ispirazione e scelta si pone spontaneamente e gratuitamente al servizio della società, con una attenzione particolare a quegli ambiti problematici della società in cui vanno create, difese e servite le condizioni di una vita umana, e civile armoniosa, cioè pacifica, perché è fondata sulla giustizia e sull’amore.

Certo, formalmente l’obiettore non è un volontario, in quanto il suo servizio di difesa civile della patria è obbligatorio {( E pero, di fatto lo è in quanto all’inizio del suo servizio obbligatorio ha posto un atto di volontà col quale ha scelto la forma civile del servizio, in sostituzione di quella militare, è Civile”, abbiamo rilevato, significa due cose! primo che il servizio ha come suo campo d’azione la società civile in tutti gli ambiti in cui essa va difesa dalla violenza secondo che i metodi e i mezzi di esercizio di questo servizio sono quelli attinenti ad una società che vuol comporre armonicamente i diritti e gli interessi di tutti i suoi membri sono, cioè metodi e mezzi dialogici e non-violenti.

Se, in positivo, il servizio civile ha al centro del suo interesse e della sua azione la pace, una pace amata, voluta, costruita, operata, difesa e servita, terminato il servizio obbligatorio, come non continuare ad amarla, volerla, costruirla, produrla, difenderla e servirla spontaneamente e gratuitamente mediante un servizio volontario, magari collaborando o aggregandosi a quella grande forza sociale che è il volontario organizzato, in cui confluiscono migliaia, milioni di “costruttori di pace”?

E’ l’augurio per ciascuno di voi obiettori.

 

 

 

 

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